Lo spionaggio è sempre stato uno dei tòpoi più frequentati dalla settima arte, sia nella sua declinazione cinematografica che in quella seriale del piccolo schermo. In questo filone, ma contemporaneamente al di fuori dei suoi standard, si inserisce The Americans, serie targata FX che a marzo 2017 inizierà la trasmissione in USA della sua quinta e penultima stagione.

Scritto da Joe Weisberg (ex impiegato della CIA) e prodotto da FX, è presente su Netflix fino alla sua terza stagione.
Siamo all’inizio degli anni 80, in America, a Washington. Elizabeth e Philip Jennings sono una normalissima coppia, due figli, un’agenzia di viaggi di proprietà ed una classica casa a due piani in stile coloniale. Una famiglia normalissima, non fosse che i coniugi Jennings sono in realtà una coppia di spie sovietiche, addestrate per infiltrarsi nel tessuto sociale americano per svolgere missioni sotto copertura.
Dal carpire segreti militari all’uccidere soggetti scomodi e non graditi al Direttorato S, l’ala del KGB più segreta (ma realmente esistita), i Jennings mostreranno il loro lato più spietato.
La fresca elezione di Reagan, che da lì a poco, scampato ad un attentato, avrebbe definito la Russia Comunista “l’Impero del Male”, la Guerra Fredda pienamente in atto, i Blocchi mondiali contrapposti nel fragilissimo equilibrio della Mutua Distruzione Assicurata, questo il contesto in cui The Americans si sviluppa.

Ma non aspettatevi i soliti patriottismi che intasano come un malsano colesterolo le vene di drammi ambientati nello stesso periodo: in The Americans nessuno è davvero buono né è un eroe.

Non lo sono i Jennings, che vivono nell’ambivalenza che oscilla tra la cieca fedeltà alla Causa di Madre Russia ed il vituperato ma attraente American way of life, di cui l’edonismo reaganiano è il punto più alto ed esemplificativo. Saranno rispettivamente Elizabeth e Philip ad interpretare le due opposte tendenze, ma le loro convinzioni saranno messe alla prova dagli eventi più e più volte: il loro stesso rapporto, frutto di un preciso lavoro del KGB e non nato spontaneamente, si evolverà in modi imprevedibili ma sempre coerenti.
The Americans è un racconto dei tempi andati, di quei scintillanti anni 80 in cui ogni sogno sembrava possibile e dove il nemico era (apparentemente) identificabile senza alcun dubbio. È una storia realistica (gli illegals, gli infiltrati russi in suolo americano, sono esistiti davvero, sebbene le loro azioni fossero meno eclatanti di quelle dei Jennings) in cui si fonde spionaggio, politica mondiale e dramma familiare.
Se da un lato le vicende “lavorative” di Elizabeth e Philip, condizionate ovviamente dai grandi eventi di quegli anni, sono il traino principale, dall’altra assistiamo alle difficoltà che questi incontrano nel conciliare le loro attività meno lecite con il crescere in modo prettamente “americano” i due figli, completamente ignari della seconda vita dei genitori e perfettamente integrati nella società statunitense di allora.
La sceneggiatura è molto abile nel non indugiare troppo sulle frizioni che questo stato di cose inevitabilmente provoca, evitando di presentarci adolescenti fastidiosamente problematici (chi ha detto Dana Brody di Homeland?): invece, come un gioco di scatole cinesi, il filone familiare si inserisce armonicamente nella traccia principale del racconto, dando quella profondità multidimensionale che The Americans può vantare rispetto a serie simili per tematica e spesso ingiustamente più blasonate.

Sarà davvero difficile scegliere per chi fare il tifo in The Americans: e non è detto che vogliate farlo, lasciandovi rapire da una ricostruzione pressoché perfetta di quegli anni, in cui una spia non poteva contare su strumenti tecnologici avanzati ma doveva destreggiarsi tra travestimenti, bugie e parrucche (probabilmente le migliori viste in una serie tv!).
L’azione non manca ma non è preponderante, e soprattutto è ben pesata, tanto che si potrebbe pensare a The Americans come una serie lenta. Questo è vero solo in parte, la lentezza è pregna d’ansia, di attesa e di aspettative che quasi mai vengono deluse: in tal senso l’episodio 3×09 “Do Mail Robots Dream of Electric Sheep?”, è una perfetta sintesi di ciò che la serie rappresenta, riuscendo (con solo tre attori in una unica location) a ridefinire il concetto di “danno collaterale”.
Tutto, in The Americans, punta all’eccellenza e finisce per raggiungerla. Nota finale per gli attori protagonisti, gli intensissimi Keri Russell e Matthew Rhys, divenuti coppia anche nella vita reale e capaci di dare sfumature incredibili al rapporto tra Elizabeth e Philip.

Valerio Mocata

The Americans
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